BOOM di CONTAGI di CORONAVIRUS, rischiamo un LOCKDOWN. Ecco cosa si sta DECIDENDO in queste ore


di  Redazione, 07-07-2022 ore 12:30      Condividi su facebook  Condividi su whatsapp  


Nella settimana dal 29 giugno al 5 luglio i nuovi casi di Covid sono stati 595.349, con un aumento del 55% rispetto alla settimana precedente. I contagi settimanali crescono in tutte le regioni e sono 38 le province italiane che contano più di 1.000 casi per 100.000 abitanti. La crescita va di pari passo a un aumento del 33% del numero dei tamponi totali: da 1,6 milioni a 2,1 milioni. Lo rileva il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe. “L’aumento dei nuovi casi settimanali – commenta il presidente Nino Cartabellotta – per la terza settimana consecutiva supera il 50%, con un tempo di raddoppio di 10 giorni”. Una “crescita esponenziale che non contabilizza il sommerso dei casi non dichiarati”. Cartabellotta rileva che le quarte dosi sono “al palo e con grande differenze regionali nelle coperture” e avverte che “un’alta percentuale di popolazione sintomatica o isolata rischia di determinare un ‘lockdown di fatto‘ su vari servizi, inclusi quelli turistici”.

Negli ospedali “continuano ad aumentare i ricoveri sia in area medica (+32,6%) che in terapia intensiva (+36,3%)”, dice Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione. In particolare, in area critica dal minimo di 183 del 12 giugno i posti letto occupati sono saliti a 323 il 5 luglio. In area medica, invece, dal minimo di 4.076 dell’11 giugno sfiorano il raddoppio salendo a quota 8.003 il 5 luglio. Il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 12,5% in area medica (dal 6,6% del Piemonte al 32,2% dell’Umbria) e del 3,5% in area critica (dallo 0% della Valle D’Aosta all’8,1% dell’Umbria). “Segnano un netto aumento anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 40 ingressi/die rispetto ai 29 della settimana precedente”.

Una situazione a fronte della quale secondo Cartabellotta “le mascherine vanno utilizzate “al chiuso, in particolare in luoghi affollati e poco ventilati, oltre che all’aperto in condizioni di grandi assembramenti con attività ad elevata probabilità di contagio”. Infatti, “bisogna chiedersi quanto costa al Paese, in termini di giornate lavorative perse, attività chiuse per Covid, vacanze cancellate, un’elevata percentuale di popolazione sintomatica o isolata a domicilio per Covid, che peraltro rischia di determinare un ‘lockdown di fatto’ su vari servizi, inclusi quelli turistici”. Il netto aumento della circolazione virale, inoltre, spiega il presidente Gimbe, “aumenta la probabilità di contagio e lo sviluppo di malattia grave in chi ha fatto la terza dose da oltre 120 giorni: per questo appare un vero azzardo la scelta di rimandare la quarta dose all’autunno con i ‘vaccini aggiornati’, di cui ad oggi non si conoscono né le tempistiche di reale disponibilità né gli effetti sulla malattia grave”.

Eppure la somministrazione procede molto a rilento. Nette sono le differenze regionali per la copertura con la quarta dose agli immunocompromessi: in base ai dati aggiornati al 6 luglio (ore 6), si va dal 10,7% della Calabria al 100% del Piemonte. Mentre, per quanto riguarda la somministrazione della quarta dose alle altre persone fragili o over 80, si va dal 6,6% della Calabria al 41,3% del Piemonte. A esser ferme, sono anche le percentuali di chi ha ricevuto almeno una dose di vaccino (l’88% della platea vaccinabile) e di chi ha completato il ciclo. Mentre sono 6,84 milioni i non vaccinati, di cui 2,75 milioni di guariti protetti solo temporaneamente. Ben 7,89 milioni di persone, infine, non hanno ancora ricevuto la terza dose, e di questi 2,43 milioni sono guariti che non possono riceverla nell’immediato.




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